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don dino

ECHI

Scriveva don Dino Torreggiani nel lontano 1953: “ L’Assistenza religiosa e morale al mondo nomade ha tre settori nettamente distinti. Circhi equestri – Spettacolo viaggiante – sinti. (…) la più elementare prudenza ci fa tenere ben distinti questi settori, perché la posizione sociale degli uni non sia di svantaggio agli altri, ma vorremmo fosse ben chiaro davanti a tutti che è nostro sacerdotale dovere prenderci cura di tutti”. “L’unica nostra preoccupazione è questa: il mondo nomade non ha trovato un’assistenza religiosa sufficiente da parte del clero locale; non trova anche al presente, quella stima e quella comprensione che merita”
Queste parole sembrano trovare eco nel documento finale del Convegno Mondiale che si è tenuto in Vaticano nel dicembre scorso: “Mentre la parrocchia, con le sue strutture pastorali, viene incontro alle necessità della popolazione cristiana che vive sul territorio, aiutandola a riconoscersi nella comunità locale, per la gente del luna park e soprattutto per quella del circo è praticamente impossibile appartenere ad una comunità ecclesiale tradizionale. Le condizioni di vita, gli impegni di lavoro e la sistemazione logistica nelle periferie urbane spesso non favoriscono né la partecipazione alla vita della comunità cristiana locale né la pratica e il consolidamento della fede. A ciò bisogna aggiungere il fatto che tutto il nucleo familiare è assorbito dalla fatica dei preparativi e dell’esecuzione degli spettacoli, in particolare nei giorni festivi e in quelli che immediatamente li precedono. Questo rende problematico e, non di rado, persino impossibile frequentare la parrocchia locale e ancor meno sentire di appartenervi. Spesso la loro fede, trasmessa dai familiari, trova sostegno in sacerdoti e laici amici, capaci di capire i loro valori e disponibili all’accoglienza, all’ascolto e al rispetto”.
Se dopo cinquant’anni le problematiche sono le medesime significa che la situazione descritta è strutturale (e per alcuni aspetti direi “culturale”) con cui bisogna saper fare i conti.
Il mondo “nomade” – come lo chiamava don Dino – non avendo per sua natura riferimenti territoriali ha sviluppato una particolare sensibilità ai rapporti umani che sono, pur nella loro dinamicità, l’unico elemento stabile di riferimento.
Vorrei citare ancora uno scritto di don Romualdo Baldissera (In Cammino, marzo 1953): “Un saluto alle Mamme, una stretta di mano ai Papà, un sorriso per tutti e l’incontro di trasforma in una festicciola di famiglia che si completa nella carovana, e sotto il grande telone del circo, o nella gaia conversazione all’aperto. Ci sono tante cose da dire. E il Sacerdote non è, in queste circostanze, soltanto il Pastore che il buon Dio manda in mezzo alle pecorelle randagie per recare una parola di conforto od un po’ di sollievo spirituale. Egli diventa l’amico di casa, colui che sa comprendere tante situazioni e può dare l’aiuto disinteressato ed efficace, che altri non sanno e non possono dare”.
Mi pare che la strada che i Maestri di oltre cinquant’anni fa hanno tracciato sia ancora quella da percorrere.

Editoriale : In Cammino 2011-1